Il migliaccio dolce è una tipica preparazione napoletana del periodo di Carnevale.
In famiglia se ne facevano due versioni, una "classica" ed una coi “capellini d'angelo”, una pasta secca di grano duro tipo spaghettino, ma con un diametro minore.
Recentemente il Dr. Giuseppe Viscardi mi ha scritto queste note sulle origini ed il significato del migliaccio, un dolce antichissimo:
il migliaccio dolce viene preparato nell'anno solare, per la prima volta il 17 gennaio (Sant'Antonio Abate), giorno in cui, secondo la tradizione napoletana, finisce il tempo di Natale e comincia il Carnevale.
È un dolce carico di significati, apre e chiude una festa invernale per poi lasciar posto ad un altro dolce, la pastiera, fondamentalmente molto simile, ma che però, al posto della semola di grano duro ottenuta dal raccolto dell'anno prima, sostituisce i primi chicchi di grano (probabilmente ancor prima orzo) del nuovo raccolto.
Attraverso questi sapori e queste preparazioni, si riesce a seguire, anche con il gusto, lo scorrere delle stagioni, riuscendo così a tenere più stretto il rapporto con il mondo contadino che sempre ha saputo apprezzare ciò che la terra ed il duro lavoro, gli offriva per il sostentamento.
La ricetta di famiglia del migliaccio
"classico" è questa:
180 g di semolino di grano duro
750
g di latte intero, aromatizzato con una bacca di vaniglia o con una buccia d'arancia
un pizzico di sale
cuocere questi ingredienti fino all'ebollizione ed
ancora per 3-4 minuti, mescolando di continuo con una frusta metallica;
quando il composto sarà ancora tiepido aggiungere:
300
g zucchero
60 g
burro
sempre mescolando;
quando sarà arrivato a temperatura ambiente, unire
5 uova
500
grammi di ricotta tipo Roma DOP (di pecora)
e mescolare;
infine, aggiungere
100 g di cedro e scorzetta d’agrumi a cubetti
1 fialetta di acqua di millefiori
le bucce di mezza arancia, mezzo limone e poco mandarino bio,
grattugiate
½ tazzina di rhum per pasticceria
Versare il composto in una teglia da 25 cm di diametro, già foderata con carta forno (oppure usare una teglia da 24 cm di diam. ed una più piccola). Riempire le teglie fin quasi al bordo.
Infornare per un'oretta circa, in forno caldo a 170° C, fino a leggera doratura.
Versare il composto in una teglia da 25 cm di diametro, già foderata con carta forno (oppure usare una teglia da 24 cm di diam. ed una più piccola). Riempire le teglie fin quasi al bordo.
Una volta raffreddato, cospargere il migliaccio con zucchero al velo.
La versione del migliaccio con i "capellini d'angelo", tramandatami da nonna Maria, è invece questa:
miscelare un litro d'acqua e mezzo litro di latte e portare all'ebollizione, versarci 90 grammi di semolino e dopo qualche minuto, 80 grammi di capellini d'angelo; cuocere mescolando, per 7-8 minuti.
Fuori dal fuoco, ma a caldo, aggiungere 350 grammi di zucchero, 60 grammi di burro e quando il composto sarà arrivato a temperatura ambiente, unire 350 grammi di ricotta di pecora già mescolati con 8 uova, la buccia grattugiata di un limone, di un'arancia, il succo di mezzo limone, un po' di rhum, una fialetta di acqua di millefiori ed un centinaio di grammi tra cedro e scorzette a cubetti.
Versare il composto in una teglia da 26 cm di diametro, già
foderata con carta forno ed il restante composto, in una teglietta, sempre foderata di
carta forno. Riempire le teglie fin quasi al bordo.
Infornare per ¾ d’ora circa, in forno già caldo alla temperatura di 170° C, fino a doratura della superficie.
Servire a
temperatura ambiente.
Ciao,da napoletana non posso che ammirare questa ricetta che ci tramandiamo da famiglie;le tue dosi mi incuriosiscono molto,quest'anno provero' la tua versione,anche la foto mi attrae,mi sembra abbastanza compatta,come piace a me.A presto,M.Luisa.
RispondiEliminaHo sempre fatto il migliaccio solo con il semolino, così come lo faceva mia madre; la tua seconda versione mi fa venire in mente la pastiera di pasta che mia madre faceva a Pasqua,unendo il semolino insieme agli spaghettini, che non mi piaceva molto. Allora si infornavano nel forno a fascine del panificio di quartiere anche i dolci di casa ( per gentile concessione):la classiche pastiere, i panettoni cresciuti, che dovevano essere impastati almeno tre giorni prima per essere pronti per il forno e la pastiera di pasta salata, cioè fatta di spaghettini, formaggio, uova e sugna, che veniva servita in tutta fretta in sostituzione della minestra, perchè per preparare i dolci non se ne aveva avuto il tempo.
RispondiEliminaIl migliaccio con i capellini non l’avevo mai sentito e vorrei provarlo! D’altra parte fare una pastiera o una frittata di pasta con i capellini è il “ non plus ultra” è più compatta e saporita di quella fatta con altri tipi di pasta!
Se posso fare una digressione sul “non plus ultra” vi racconto un episodio vero: un contadino che aveva dei guai con la giustizia, si era rivolto ad una avvocato per essere assistito e gli aveva sentito pronunciare nel discutere della sua difesa la frase:< Questo è il “ non plus ultra”> e lui ogni qual volta si recava dall’avvocato per indicare l’eccellenza del suo ragionamento diceva: “Avvocà chest è presutto”
L’avvocato per sapere che cosa lui avesse capito di questa massima che pronunciava spesso in questa forma, glielo chiese e lui rispose che non poteva esserci niente di meglio e ribadì: “Avvocà, ma che ce’ può essere meglio d’o’ presutt?” (cioè avvocato, ma che ce può essere meglio del prosciutto?) E nel suo piccolo aveva capito “prosciutto”al posto di “non plus ultra”, ma il concetto, quello l’aveva capito!
Io faccio sempre ed esclusivamente la seconda versione, che è buonissima...
RispondiEliminaIo faccio sempre ed esclusivamente la seconda versione... buonissima
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